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H&M è finita, l’insegna chiude definitivamente questi negozi e procede a una riorganizzazione massiccia

Secondo i dati diffusi dal gruppo, nel 2024 la catena H&M ha registrato un calo delle vendite pari al 4,2 per cento in Europa occidentale, con margini operativi in riduzione del 3 per cento rispetto all’anno precedente.

L’insegna svedese di abbigliamento low cost affronta una trasformazione che segna la fine di un’epoca: chiusure, ristrutturazioni e una nuova strategia che punta a ridurre la presenza fisica per rafforzare quella digitale. La decisione non riguarda solo singoli punti vendita ma ridefinisce l’intero modello di business che aveva reso H&M un simbolo dell’abbigliamento accessibile.

I negozi che chiudono: il nuovo volto della rete commerciale

H&M ha annunciato la chiusura definitiva di oltre 160 negozi in Europa entro il primo trimestre del 2025, di cui circa 20 in Italia. Le città più colpite sono Milano, Torino, Roma e Firenze, dove le location centrali lasceranno spazio ad altri marchi o verranno riconvertite a spazi multifunzionali. L’azienda parla di “ottimizzazione del portafoglio retail”, ma nella pratica si tratta di un ridimensionamento senza precedenti.

L’obiettivo è concentrare l’attività su filiali considerate “strategiche” e su canali digitali con logistica automatizzata. I dipendenti coinvolti riceveranno proposte di ricollocamento interno o incentivi all’esodo concordati con le rappresentanze sindacali nazionali.

Dalla crisi dei consumi al cambio di rotta digitale

Il rallentamento della spesa media per l’abbigliamento nell’area euro, stimato da Eurostat in -6% tra il 2021 e il 2023, ha inciso direttamente sulla redditività dei grandi gruppi del fast fashion. Il modello basato sulla rotazione rapida delle collezioni mostra i suoi limiti in tempi di inflazione e attenzione alla sostenibilità. H&M non fa eccezione: la quota di vendite online ha raggiunto il 35% del totale, spingendo il gruppo a privilegiare investimenti nella piattaforma e-commerce e nei servizi logistici regionali.

La nuova strategia prevede magazzini automatizzati nei pressi dei principali mercati europei e l’integrazione dell’app mobile con sistemi di prova virtuale dei capi. L’obiettivo dichiarato è ridurre i tempi medi di consegna sotto le 48 ore entro la fine del 2025.

Una riorganizzazione massiccia che cambia le regole interne

La multinazionale svedese ha stanziato circa 190 milioni di euro per coprire costi di chiusura, liquidazioni e riqualificazioni professionali. I piani interni prevedono una riduzione complessiva della forza lavoro del 7%, pari a circa 10.000 posizioni nel mondo. In parallelo verranno aperti nuovi centri digital hub dedicati alla progettazione sostenibile.

  • Rete fisica ridotta del 12% entro fine anno
  • Investimento tecnologico incrementato del 25%
  • Piano sociale triennale fino al 2027

L’azienda indica come priorità il miglioramento della marginalità attraverso automazione, digitalizzazione della supply chain e revisione delle linee produttive meno performanti.

I segnali del mercato: cosa resta ai consumatori

L’impatto sulle abitudini quotidiane sarà immediato: meno punti vendita significa minore disponibilità immediata dei prodotti base a prezzi contenuti. Le famiglie dovranno orientarsi maggiormente verso gli acquisti online o rivolgersi ad alternative locali emergenti come OVS, Benetton o marchi artigianali che sfruttano i marketplace digitali.

Fast FashionÈ ufficiale: una tassa aggiuntiva di 2€ per ogni pacco proveniente dalla Cina o da altri paesi extra-UE

Un sondaggio condotto da NielsenIQ nel secondo semestre del 2024 mostra che il 62% dei consumatori italiani dichiara di acquistare meno spesso nei negozi fisici rispetto a tre anni fa. Il passaggio da esperienza tattile a scelta virtuale modifica anche la percezione della convenienza: contano più le politiche di reso e i tempi di consegna che la prova sul posto.

Effetti collaterali sull’economia urbana

Le chiusure incidono anche sul tessuto economico locale: intere vie commerciali cambieranno volto con l’aumento degli spazi sfitti. Gli analisti immobiliari osservano già una contrazione dei canoni d’affitto nelle principali high street italiane tra il 5 e l’8%, segnale che anticipa nuovi equilibri nel commercio al dettaglio urbano. Alcune amministrazioni valutano incentivi fiscali temporanei per favorire subentri rapidi e limitare l’impatto visivo delle serrande abbassate.

Dopo H&M: le opzioni per chi cerca moda accessibile

L’universo del fast fashion non scompare ma si trasforma rapidamente. Zara (Gruppo Inditex), Primark e Shein restano attori dominanti con strategie differenti: maggiore integrazione verticale per i primi due, dinamiche completamente digitali per il terzo. La competizione si sposta sul terreno della logistica sostenibile e dell’intelligenza artificiale applicata alla previsione della domanda.

Marchio Numero punti vendita UE (2024) Tendenza prevista (2025)
H&M 1.900 -12%
Zara 1.700 -3%
Primark 420 +5%
Shein (solo pop-up) 15 +40%

L’effetto domino sulle scelte quotidiane sarà tangibile: nuovi modelli d’acquisto, attenzione crescente alla tracciabilità dei capi e alla durabilità come criterio economico domestico oltre che ambientale.

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