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“Evitare di pagare è legale”: ecco la clausola da inserire in un testamento per non pagare l’imposta sulle successioni

Nel 2024 l’erario italiano ha incassato oltre 850 milioni di euro dall’imposta sulle successioni, con un incremento del 12 per cento rispetto all’anno precedente.

Ogni passaggio di beni dopo la morte di una persona apre una delle pratiche fiscali più delicate: la dichiarazione di successione. In molti si chiedono se esista un modo legittimo per non pagare o ridurre la tassa prevista.

Una risposta esiste, e passa attraverso le parole scritte nel testamento. Non si tratta di un espediente illegale, ma di una clausola ben calibrata che può cambiare l’importo dovuto all’Agenzia delle Entrate.

Quando l’imposta non si paga davvero

L’imposta di successione colpisce il valore netto dell’eredità trasmessa e varia a seconda del grado di parentela. Le aliquote attuali vanno dal 4 al 8 per cento con franchigie che spaziano da 100 mila a un milione di euro per erede. È su questo meccanismo che interviene la clausola chiave: designare beneficiari in modo da restare sotto le soglie imponibili previste dalla legge.

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Le norme, contenute nel Testo Unico delle Successioni (D.Lgs. 346/1990), riconoscono esenzioni precise. Ad esempio il coniuge e i figli non pagano nulla se ciascuno riceve meno di un milione di euro; fratelli e sorelle godono della franchigia da 100 mila euro; persone con disabilità grave hanno diritto a un’esenzione fino a 1,5 milioni.

La clausola testamentaria che fa discutere

Alcuni studi notarili, come quelli segnalati dal Consiglio Nazionale del Notariato, suggeriscono una formula inserita nel testamento: suddividere i beni tra più eredi diretti in modo proporzionale alle franchigie individuali. L’effetto è semplice: nessuno supera il limite tassabile e l’imposta non scatta.

Il confine tra pianificazione lecita ed elusione resta però sottile. La tensione nasce tra chi considera questa strategia una forma legittima di tutela patrimoniale e chi vi legge uno squilibrio sociale, perché consente ai patrimoni più elevati di frammentarsi solo sulla carta.

I numeri dietro alle scelte familiari

Secondo dati Istat e MEF aggiornati al 2023, circa il 70 per cento delle successioni italiane riguarda valori inferiori ai limiti di franchigia; solo il 6 per cento supera i due milioni di euro. Di conseguenza l’imposta produce gettiti modesti rispetto ad altri tributi patrimoniali, ma ogni anno crescono le richieste ai notai su come redigere testamenti “fiscalmente efficienti”.

Grado di parentela Aliquota Franchigia
Coniuge e figli 4% 1.000.000 € per beneficiario
Fratelli e sorelle 6% 100.000 € per beneficiario
Parenti fino al quarto grado 6% Nessuna franchigia
Soggetti diversi 8% Nessuna franchigia
Soggetti con disabilità grave (L.104/1992) 4-8% 1.500.000 € per beneficiario

Cosa controlla l’Agenzia delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria può verificare se la ripartizione dei beni sia effettiva o solo formale. La Corte di Cassazione ha stabilito che la suddivisione artificiosa volta esclusivamente a evitare l’imposta configura abuso del diritto fiscale (sentenze n. 23584/2021 e n. 30900/2023). Per questo motivo i notai raccomandano trasparenza nella valutazione dei beni e coerenza tra testamento e dichiarazione di successione.

I documenti necessari

  • Dichiarazione di successione telematica tramite piattaforma dell’Agenzia delle Entrate;
  • Copia autentica del testamento registrato;
  • Attestazioni bancarie sul valore dei conti correnti;
  • Visure catastali aggiornate degli immobili ereditati.

L’alternativa della donazione in vita

C’è chi preferisce anticipare la questione con donazioni registrate mentre è ancora in vita, sfruttando le stesse franchigie dell’imposta successoria ma evitando la procedura post mortem. Tuttavia le donazioni immobiliari comportano costi notarili medi del 2-3 per cento del valore stimato e non sempre permettono uguale flessibilità nelle revisioni successive.

Dove finisce la libertà patrimoniale

Nell’attesa che il Parlamento decida se modificare le aliquote — proposte sono già sul tavolo della Commissione Finanze dal maggio 2024 — la clausola testamentaria resta uno strumento legittimo ma delicato. Usarla correttamente richiede competenza tecnica: basta un errore formale perché l’intera pianificazione venga annullata dall’ufficio tributario.

A muovere il dibattito è una domanda più ampia: fino a dove deve spingersi la libertà individuale nella gestione dell’eredità senza alterare il principio costituzionale della progressività fiscale.

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